Il femminicidio ossia l’omicidio di una donna in quanto donna non è solo un raptus: ecco i segnali di rischio da conoscere per evitare il peggio.
Sono già 24 i femminicidi che sono stati compiuti in Italia nel 2024, un numero che, nostro malgrado, è costretto a crescere nel corso dei mesi. Lo scorso anno, seppur in diminuzione rispetto al precedente, sono state 119 le donne uccise dal proprio partner o ex, e no, non è una questione di raptus di follia dell’uomo ma, nella maggior parte dei casi, l’ultimo atto di una serie di violenze, fisiche e psicologiche, che la vittima (o chi potrebbe diventarlo) subisce.
Il Sara, ovvero lo ‘Spousal Assault Risk Assessment‘, è un protocollo che identifica la probabilità di abusi domestici ed è basato su dieci fattori di rischio a cui vengono sottoposte le donne che, riconoscendoli, potrebbero salvare la loro vita, ma anche quella delle persone che li stanno intorno. Vediamoli insieme.
I dieci segnali di rischio che potrebbero salvarci da un femminicidio
Un uomo violento, uno che potrebbe macchiarsi di un femminicidio, lancia dei segnali inequivocabili, dicevamo, il primo dei quali potrebbe essere legato ad altri episodi gravi di violenze fisiche e sessuali, anche su altre donne. Il maltrattante, si legge nel decalogo, “non è violento perché la vittima lo provoca, ma a prescindere: quasi sempre smette di perseguitare una donna solo perché ‘passa’ a un’altra“.
Poi: una donna che riceve minacce pesanti di violenza e morte, intimidazione nei confronti dei figli, lanci di oggetti durante i litigi deve stare attenta, così come deve guardarsi bene dall’escalation della violenza, che può cambiare nel corso del tempo, e può essere inframmezzata da rappacificazione con tanto di scuse, e ovviamente il perdono da parte della vittima. Anche una precedente violazione di provvedimenti di polizia già emessi, come l’ammonimento, la sospensione della potestà e allontanamento, è un fattore di rischio per una donna.
Un uomo che giustifica o condona la violenza, sia a livello culturale, sia religiosa, potrebbe essere più incline a farla: “se minimizza, è molto geloso e possessivo, dà la colpa alla vittima – si legge ancora nel decalogo -, significa che non vuole riconoscere il disvalore giuridico o sociale della violenza“. Anche i precedenti penali, che siano specifici o non lo siano, potrebbe rivelarsi in futuro un femminicida.
Particolare attenzione, poi, deve essere data alle donne che hanno deciso o stanno decidendo di lasciare l’uomo violento con cui stanno, perché quello, dicono gli esperti, “è il momento in cui il pericolo aumenta di più“. Ma il rischio aumenta ancora di più nel momento in cui due partner si sono lasciati, ma si sono anche rimessi insieme, questo perché l’uomo vede nella donna un segno di debolezza, e quindi di vulnerabilità maggiore.
Il maltrattante può trasformarsi in femminicida se fa abuso di sostanze, alcol o droga, ma anche se se è disoccupato o si trova in grave stato economico. Tra le tendenze dei maltrattanti c’è anche una scarsa attitudine a cercare a mantenere un lavoro, difficoltà ad avere a che fare con il denaro (gioco d’azzardo, vita al di sopra delle proprie possibilità).
Tra i fattori, poi, ci sono anche i disturbi mentali, anche quelli come il disturbo di personalità o bipolare che giuridicamente non condizionano la capacità di intendere o di volere.