In America, purtroppo, spesso le università sono teatri di grandi massacri. Quasi vent’anni fa ne avveniva uno terribile.
In un’ottica ideale, le scuole e le università dovrebbero essere di santuari del sapere e della conoscenza. Luoghi sicuri dove gli studenti possono esplorare il mondo che li circonda, sviluppare le loro capacità, crescere come individui e sentirsi liberi di esprimere le proprie idee ed opinioni senza alcun timore. Questo sarebbe il tipo di clima ideale, positivo ed inclusivo.
Tuttavia, la triste in realtà è ben diversa. Soprattutto in America, il sistema scolastico è scosso da numerosi atti di violenza che minano la sicurezza degli studenti, del personale e, molte volte, anche dei criminali stessi che finiscono per morire dopo i massacri. È questo il caso del massacro del Virginia Polytechnic Institute and State University.
Un aprile di sangue al Virginia Tech di Blackburn: morti tra studenti ed insegnanti
Era il 16 Aprile del 2007, quando uno studente sudcoreano, Cho Seung-hui, tolse la vita a ben 33 persone, incluso se stesso, nel complesso universitario della Virginia. Altre 29 rimasero ferite. Si trattava di un giovane di 23 anni che viveva all’interno di quel campus e si sarebbe dovuto laureare di lì a poco in inglese.
Il giovane aprì il fuoco più volte la prima volta alle 7:15, nella zona del dormitorio dove fece le prime due vittime. Altri spari eseguirono a circa due ore dalla prima sparatoria, durarono 9 minuti durante i quali vennero uccisi 25 studenti e 5 professori. In totale aveva sparato 170 colpi con una pistola 9 millimetri e una calibro 22.
Durante questa seconda sparatoria, molti cercarono di oppure resistenza. Un professore di origini romene di 76 anni, Liviu Librescu, cercò di tenere Cho fuori dalla porta della sua classe ma venne ucciso con colpo attraverso la porta stessa. Fortunatamente, però, riuscì a far scappare diversi studenti dalla finestra. Anche un’altra professoressa, stavolta canadese, Jocelyne Couture-Nowak, cercò di salvare i suoi studenti, anche lei venne uccisa.
Al culmine del massacro, Cho si tolse la vita sparandosi in viso. Il suo corpo venne ritrovato proprio nell’aula della professoressa Novak. Sì è indagato molto sui possibili moventi di questo terribile massacro. Sì sono vagliati atti di bullismo e possibili disturbi psichiatrici visto che a Cho era stato diagnosticato un disturbo depressivo ed un mutismo selettivo, nonché anche una fobia sociale.
Vennero ritrovate delle lettere in cui lo stesso assassino incolpava gli altri del suo gesto, accusando i professori di essere dei ciarlatani e gli altri studenti di essere dei debosciati.
Questo massacro resta il secondo più tragico degli Stati Uniti.