Tre casi di femminicidio che hanno sconvolto la Nazione e in cui mai si è avuta una reale chiarezza dei fatti. Di quali si tratta?
I casi di femminicidio in Italia, tristemente, non hanno mai accennato a fermarsi. Si parla tanto dello spaventoso fenomeno, che ha diverse matrici anche se, la maggior parte delle volte, si finisce col ricondurre tutto alla mentalità patriarcale di uomini che non accettano la fine di una relazione o un “no” come risposta e che reagiscono dando adito ai loro impulsi più ferali, cagionando la morte delle proprie compagne.
Di casi celebri, purtroppo, ce ne sono stati diversi e, mentre alcuni sono stati resi palesi immediatamente, spesso direttamente tramite la confessione di chi aveva ucciso, altre volte gli investigatori continuano a brancolare nel buio, cercando di ricostruire dinamiche oscure, opacizzate dalla presenza di complici incrollabili. Ecco dunque, tre casi celebri che non hanno avuto una chiusura definitiva o, per lo meno, hanno avuto una risoluzione non troppo chiara, continuando a destare dubbi nell’opinione pubblica.
Il primo caso di cui andremo a parlare è noto alle cronache come “Delitto di Avetrana”, il caso che vede come vittima la appena 15enne Sarah Scazzi. Tutto inizia quel 26 gennaio 2010, quando Sarah esce per andare a mare, un’uscita da cui non tornerà più. Il suo corpo verrà ritrovato dopo 40 giorni, sotto indicazioni precise dello zio Michele Misseri. Secondo molti, Misseri non era il vero assassino ma era semplicemente stato raggirato dalla figlia Sabrina che avrebbe ucciso Sarah per gelosia, aiutata dalla madre Cosima Serrano.
Il secondo caso è quello della studentessa della Sapienza di Roma Marta Russo, che all’età di 22 anni, dopo essere uscita dalla facoltà universitaria, il 9 maggio del 1997, è stata colpita da un proiettile vagante in testa. Gli inquirenti brancolano nel buio: non c’è un movente, non ci sono indiziati, non c’è una vera traccia da seguire. Verranno incriminati gli assistenti universitari Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, il primo per omicidio colposo, il secondo in quanto complice. Non verrà però mai rinvenuta l’arma del delitto.
Il terzo e ultimo caso che andremo a trattare in questa sede, è noto come “Delitto di Garlasco” e vede come vittima la 26enne Chiara Poggi. Mentre la famiglia era in vacanza, qualche suo conoscente è andato a trovarla in piena notte, tanto che lei non ha avuto alcun problema ad andare ad aprire la porta in pigiama. Sarà condannato il fidanzato Alberto Stasi che, nonostante le varie incongruenze, sconterà 16 anni di carcere.
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